E' evidente a tutti, anche se quasi nessuno si comporta di conseguenza, che il problema al centro di questo secolo e dell'inizio del prossimo è proprio l'ecologia. Il che non significa che è l'unico problema, o che è quello a partire dal quale si possono affrontare e risolvere tutti gli altri. Vuol dire invece che è un problema dal quale non si può prescindere perché oggi condiziona - più che in ogni altro momento della storia dell'umanità - la possibilità di affrontare e risolvere i problemi delle società e del mondo in cui viviamo.
Per questo, nel secondo ciclo della Fiera, si è deciso di rovesciare il punto di vista, di non partire dai grandi problemi ecologici, dalle grandi emergenze ambientali, bensì dai grandi problemi della società moderna e vedere come si coniugano, in che rapporto stanno - nel loro determinarsi e nelle loro possibili soluzioni - con l'ecologia. Sono queste le ricerche di fine secolo che la Fiera si è proposta di attivare anche per capire se chi privilegia il punto di vista dell'ecologia ha risposte diverse e migliori di quelle che ora si trovano sul campo per affrontare i problemi delle società del nostro tempo.
Ricchezze e povertà , questo il tema al quale abbiamo cercato di applicare queste ricerche nel 1993. Essendo ben consapevoli della vastità dei problemi cui un simile titolo alludeva, l'abbiamo volutamente considerato una sorta di appuntamento introduttivo per mettere a fuoco meglio i contenuti e i protagonisti, vecchi e nuovi, dei prossimi appuntamenti. A quella "introduzione" segue ora un primo capitolo: il lavoro.
L'Invito
Molti impazziscono per rincorrere sogni di ricchezza. L'Italia, rovistata dai giudici, si scopre piena di gente che per soldi tradiva fede politica, concittadini ed elementari principi di buon governo. Nell'Europa ex-comunista la speranza di denaro e di ricchezza accende bagliori nuovi in occhi spenti, nel Sud del mondo si invidiano quei paesi che si fanno notare per agilità finanziaria e furore produttivo. E' il "sogno americano" (o forse "giapponese", oggi) è sempre quello: arricchirsi sino a potersi comperare il mondo, liberarsi per sempre dalla povertà.
La Fiera delle Utopie concrete non è la fiera dei sogni, tanto meno dei sogni di denari e potenza. Ma tra le Utopie ce n'è una che appare più realistica di altre: che la ricerca di ricchezza, di benessere, di felicitã debba indirizzarsi altrove, per non spingere alla rapida svendita e al degrado dell'intero pianeta. Quell'altrove non significa necessariamente povertà, rinuncia, sacrificio, ma ricchezza diversa. Un benessere da reinventare, affinché sia compatibile con il diritto di tutti di stare bene, e con la primaria esigenza di salvaguardia dell'ambiente.
Nel 1993 la Fiera di Città di Castello si svolgerà in forma diversa: meno espositiva, più riflessiva. Dopo il ciclo dei quattro elementi - acqua, terra, fuoco e aria - si vogliono esplorare le basi di una nuova ricchezza né effimera, né distruttiva.
Il futuro del lavoro, il futuro dell'ambiente
(Il percorso delle Parole)
Lavoro! Tanti l'odiano, lo evitano, ne scappano via. Il lavoro pesa troppo e ci mangia il tempo della vita. Tuttavia, tanti lo desiderano, lo cercano e non lo vogliono più lasciare. Il lavoro ci sostiene e ci fa partecipare alla vita della società. Che amore-odio per il lavoro! Ma perché ci sono tanti che soffrono di troppo lavoro, mentre altri sono affamati di lavoro? Che ingiustizia! E perché tanti restano senza posto di lavoro, nonostante ci siano migliaia di cose utili da fare nella società ? Che irrazionalità !
Spicca un fatto: in Europa c'è più gente che offerta di lavoro ed è ormai un luogo comune affermare che la disoccupazione è diventata cronica. Continua però ad essere vero che se la produzione cala, cala anche l'occupazione; ma non è più vero che se la produzione riprende, riprende anche l'occupazione. Da un rilancio dell'economia non ci si può attendere un rilancio dell'occupazione; la crescita produce merci ma troppo pochi posti di lavoro. Si prefigura così una divisione profonda della società fra coloro che sono utili e coloro che sono superflui per l'andamento dell'economia. Dietro le cifre della disoccupazione si svolge la battaglia su chi viene incluso e chi viene escluso dalla società . Ma che razza di stato è quello che garantisce solo una cittadinanza dimezzata?
E spicca un altro fatto: il lavoro nel complesso distrugge la natura. Attraverso il lavoro di massa siamo riusciti a portare la terra sull'orlo dell'inabitabilità . Basta guardare l'industria automobilistica, l'agricoltura chimica, le acciaierie, il fervore di costruzione. E forse non è esagerato dire che negli ultimi decenni il lavoro retribuito ha cessato di produrre un aumento del benessere. Da questo punto di vista, una espansione dell'occupazione appare come una minaccia; è difficile immaginarsi che una ripresa dell'occupazione non ci porti più automobili, più chimica, più costruzioni. Per di più oggi non lavoriamo più per produrre, ma produciamo per lavorare. Insomma, il desiderio di una società sostenibile sembra scontrarsi con il desiderio per una società con piena occupazione. C'è una via d'uscita da questo impasse?
Il seminario offre una occasione per interrogarci sulla tensione fra il diritto alla sostenibilità e il diritto al lavoro. Cerchiamo di evitare il consueto disegno convegnistico con la sua raffica di interventi, invitandovi invece a una conversazione comune che collega il racconto di esperienze con dibattiti, gruppi di lavoro e relazioni. Per questo motivo incoraggiamo tutti a partecipare alle discussioni durante tutti i quattro giorni.